Versi senza collocazione

A gennaio devo presentare a un Editore In absentia, al quale sto lavorando (in maniera inaspettata) da tre anni. Non pensavo avrei scritto, o meglio, non volevo più scrivere né pubblicare dopo Il Condominio S.I.M., ma poi è capitato di raccogliere le idee, di accettare sfide per un evento (al quale poi nemmeno sono andato per problemi altri), e soprattutto di accogliere una data di invio.

Ci sono però alcuni testi che nell’opera non trovano collocazione (e forse è meglio così, troppo privati). Eccoli.

Hai mal di pancia. Per te
la posizione esatta nell’universo
del tuo grembo, per me
la confusione della storia
in una cerniera strappata.

Ottanta volte ottenebrandoti
il sole, non ho più voce.
Ti spogli
nell’aria condizionata d’un
mal di stomaco, un tumore.
Anche questo è amore.

Tutto finisce in un canto.
Anche l’uomo, il suo volere,
il cuore una lavagna
su cui riscrivere la storia.
La vita un esercizio.

Chiedersi cosa sia la vita
tra i fiori gialli del costato
e l’autunno delle tempie, ora
che il bisogno d’un padre è
apnea pomeridiana, e paura,
e la storia un paradosso
che non ti renderebbe felice.