In absentia su alleo.it

All’occhio appaiono lievi, come se veleggiassero sulla pagina bianca, le poesie di Alessandro Canzian, di pochi versi – tre, quattro, cinque al massimo; alla lettura chiedono un passo lento, per guardarvi dentro. Guardare, sì, per la ricchezza di elementi visivi colti come in un fermo immagine fin dalle prime pagine – il verme, il balcone, la bimba, le foglie di vite, le briciole sulla tovaglia, le mosche, le lenzuola distese… E sempre di più, cariche di simboli, di analogie, di sofferenza, quando il calore di un interno intravisto è contrapposto alla sofferenza di un geco “mozzato”; più avanti con le calze smagliate, la ragazza a terra, lo stralcio, una pancia scoperchiata, il sangue, la scheggia incarnita, il ramo che si spezza, i corpi di mosca caduti, un nido d’un topo già morto…. Le immagini si affiancano alle voci, ai rumori, anche ai soffi leggeri del respiro: una bimba canta, da una finestra esce un latrato/urlo, da qualche parte si spara, un topo gratta a una porta. Arriva “il sapore di fiori sul vestito”, ma anche “l’odore acre / di caldo che avanza”, con la preziosità delle sinestesie.

Suddivise in tre sezioni: Minimalia, Sul fondo, In absentia, le poesie di Canzian creano quadri di leggerezza intrecciati a quadri di guerra, di spari, di eccidi; contengono la consapevolezza che “noi abbiamo fatto lo stesso”: non ci sono innocenti sulla linea della storia, “l’uomo è lupo all’uomo” e la felicità, se mai l’abbiamo conosciuta, non ci appartiene più.

Sul fondo lascia negli occhi e nelle orecchie un latrato, il botto di “una rana scoppiata”, l’immagine di “un cane che corre / senza zampe in un fossato”, un “buco tra le costole” e la conta dei morti, disuguale e ferocemente attuale: “Conta quanti loro morti / valgono uno dei nostri”.

In absentia, che è nel titolo e nella terza sezione, si carica di molte valenze: dov’è, che cosa fa Dio davanti al male? Dio, interrogato sul bene, risponde che ne “ha sentito parlare, una volta, in una storia”, ma non interviene, attonito e sconvolto. L’indifferenza degli uomini è amplificata da quella di Dio: “Dio è un sinonimo di mai”. Forse gli animali sono da preferire, anche un topo che accompagna la notte o un cane che si avvicina a un corpo a terra.

Marisa Cecchetti

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