Poesie per contrastare un’assenza assordante
Al Salone del Libro di Torino la casa editrice Interlinea ha festeggiato trent’anni di attività con la nuova raccolta in versi di Alessandro Canzian
Quando la volontà di giustificare tramite nessi logici il crollo evidente del tessuto sociale viene meno, o peggio, non è più credibile, si oppone una trasfigurazione lirica della crisi, “In absentia” (Interlinea, 2025, pp. 96, euro 14). È scaturita dal frastuono di un ventennio dato in pasto alle apparenze, la nuova raccolta di Alessandro Canzian, in cui la decadenza virale si diffonde dai fondamenti del linguaggio a una dimensione individuale più organica, sino a una collettività idealizzata, a un’Europa che non c’è. “In absentia” è tra le novità che la casa editrice novarese ha presentato al Salone del Libro di Torino per festeggiare i trent’anni di attività.
Una voce al balcone
Curare la scelta di ogni singola parola, quasi fosse inevitabile, significa curare i propri pensieri ai limiti dell’ossessione: l’impianto tripartito del libro – “Minimalia”, “Sul fondo”, “In absentia” – connota la brevità non come scorciatoia espressiva, ma campo di tensione tra attenzione e assenza, oscillando tra il bisogno di confessarsi all’altro da sé, allo straniero salvifico, e la reticenza di non essere all’altezza delle sue stesse aspettative. Ridotta all’osso e resa inevitabile, la parola poetica cattura sia i particolari minimi sia gli spettri maggiori – storici e morali – che determinano l’orizzonte di una soggettività plurima, ma priva di un’identità centrata e sostanzialmente fragile. “Ha tutti i denti rotti / come un vecchio di montagna / sotto i bombardamenti / non ha senso chiedersi la fine”.
L’imprevisto e l’epigramma
Secondo il critico Martin Rueff che ha firmato la postfazione, Canzian risolverebbe in cinquine geometriche per opporre i primi tre versi denotativi a una chiusa volutamente decisiva al pari della sorte, o meglio, “inattesa e conturbante”, l’ha definita Valerio Magrelli. Non a caso, i componimenti funzionano da “piccoli dispositivi drammatici” che alternano ciò che si osserva a ciò che quella vista concede, associando sempre il portato sensibile a quello immaginifico. È di una strategia che si confronta direttamente con l’ecfrasi paradossale di “Exfanzia”, tesa alla condensazione quanto alla spoliazione dei tratti realistici. “Un autentico poemetto metropolitano e quotidiano, venato dalla violenza della storia europea”, ha commentato Magrelli, l’opera canzianiana.
Somme di piccoli traumi
Con i “Minimalia”, titolo che sincretizza e strozza quei “Minima moralia” adorniani che non hanno retto di fronte al culto dell’effimero tardo novecentesco, il poeta friulano si pone tra il gesto di denuncia implicita e il feticismo del particolare. D’altronde, qui convivono i due poli della sua poetica: la descrizione fotografica e la deriva simbolica. L’anziano che taglia l’erba o la ragazzina che “risolverà tutti i problemi / bevendo ammoniaca” sono sintomi e icone, al contempo, di un tessuto sociale che ha smesso di credere nei significati e si è arreso allo schermo del presente. Sono i “casi clinici” di un mondo che ha perso i nessi di causa ed effetto.
Matteo Bianchi
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