Come Editore ho sempre avuto un’idea precisa, per quanto particolare, di quel che avrei dovuto fare. Sia chiaro, non vuol dire che io sia riuscito sempre a mantenermi aderente all’idea, le variabili sono decisamente molte in una realtà rigidamente liquida quale è il mondo letterario. Parlo di rigidità liquida, che è di fatto una contraddizione in termini, perchè a 17 anni dalla fondazione della Samuele Editore è questa l’idea che mi sono fatto e che meglio definisce un certo disagio nel viverci immerso.
Consideriamo un dato di fatto tanto banale quanto imprescindibile: una collana di Poesia deve vendere. È così e non può che essere così perchè una Casa Editrice è un’attività imprenditoriale. Quindi per vendere io sono (o sarei) obbligato a proporre libri che so avere un mercato in un contesto dove la qualità non è ciò che vende. Vendono i personaggi. Ma il personaggio per definizione deve abbassarsi alla comprensibilità popolare cavalcando magari le battaglie del giorno più sentite.
Altra possibilità, del tutto dignitosa, è quella di trovare una nicchia o costruire una bolla dove proporre qualcosa di estremamente riconoscibile e fertile di eco. Questo funziona ma ha un difetto intrinseco: è un percorso a veloce esaurimento che mi obbliga continuamente a cambiare direzione.
Questo è un discorso fatto da un Editore, non da un Autore, deve essere ben chiaro perchè le prospettive sono molto diverse. Un Autore può crearsi un profilo e delle relazioni forti proponendo un qualcosa di altissima qualità, e può riuscire. Ma un Autore non fa un Editore. La rigidità liquida è la definizione di un mondo in continuo mutamento ma che si appoggia e si arrocca al vecchio modello del personaggio importante o delle relazioni.
Infine c’è la possibilità che fin dalla prima ora ho cercato di cavalcare io, ovvero la costruzione di un pubblico da una parte e la costruzione di un dialogo dall’altra.
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