Pier Luigi Bacchini. 1927-2014
E così muore un altro poeta, a distanza di pochi giorni da Bandini. E dopo il tanto rumore per i poeti giovani ci si ricorda di quanti hanno scritto e scrivono e che la poesia non ha 40 anni al massimo. Ci si ricorda di quella generazione che non ha urlato, non ha scalpitato, vissuta appartata e che non è andata al Maurizio Costanzo Show.
Poeta delicatissimo il Bacchini, che con uno sguardo da scienziato osserva il mondo, la natura, e non ne trae conclusioni definitive. Anzi rimane appesa a uno sguardo stupito, drammatico ed estatico, sempre poetico anche nella precisissima scelta lessicale che punta alla preziosità. Preziosità del mondo, della natura, della parola che dice il mondo e la natura, del poeta che dice la parola.
Non doratevi, già segretamente aurate
Non doratevi, già segretamente aurate,
non arrugginite, non raggrinzite
quanto un piccolo pugno,
disseccato; restate sempreverdi
finte immortali, simili all’altamente profumata
– e nemmeno sfrangiata
di fronte al vento, coriacea e lucente –
alla regale magnolia, con i semi amaranto;
o alle conifere montane
le antiche cenozoiche.
Non diventate trasparenti, sempre più,
telari lisi
già scarse nel mese d’ottobre,
con nostalgie infinitesimali, un po’ indeterminate
come i fischi d’un treno distante
e collegi là in fondo, dentro la foschia
– spazzini sotto muretti erbati,
irrealtà, quasi un disturbo visivo
che nell’intimo spaventa
con l’immagine talvolta
che la materia
d’improvviso scompaia.
Ma tutte le sfumate gradazioni
i delicati intrecci,
gl’inudibili crepitii particellari
sarebbero stati inutili: lo sperpero
d’un Dio, la sua noia.
E ogni minimo sgretolamento, tipo il trascurabile uragano,
il ferro sciolto nel magma,
dicono la fatica
dall’origine
e la tremenda concretezza del mondo,
– senza via di scampo per noi.
Urna di vetro
Ho provato a seppellirmi, per un poco,
dietro la porta, seduto tra le ante
della piccola bussola. –
tutta la botanica del creato
– di là dai vetri, è ridotta a un vialetto
con una quercia, i cedri,
e due emerocallidi.
I godimenti di una volta,
quando l’organismo era me stesso
secondo il desiderio – tutta la materia, credo,
vibri così, trascorsa dalla vita,
anche gli antri aridi dei vulcani, quando fuoriescono
le lave che si consolidano, e che s’imponga sempre la giovinezza
per i canalicoli seminali.
Come può darsi
che uno come me, senza castità,
possa un giorno salire sino a un eremo,
distaccarsi in preghiera, esalarsi di sera
se non nel maggio, trascinando con sé un’intera foresta
e la volatile polvere dei suoi profumi,
che apre le bocche dappertutto
per nutrimento, per amore?
Questa è un’urna di vetro – ma all’esterno
le generazioni metodiche delle ombre
si spostano, e un tepore penetra il legno,
dà sussulti, scotimenti, moti
d’atomi:
e anche le parole sono fiato, soglia dell’audiogramma,
energia-materia
che rientra nell’eterno.
Tripudio
Protuberanze molli
e sono le gemme del glicine violetto che porta
sensi di donna nei vecchi giardini. Verdi
accartocciate
ma già s’aprono in piccoli ventagli
ormai s’aprono irrefrenabili. E le punte
le corte lingue appena arcuate
le rose dei muri. E altre.
Altre. Capezzoli
dove sono i morti
la sostanza della morte
in minimi peni
lievi barbe
piccole pelose.
Sì tra le dita
per una voglia d’amore
che esalta
l’ho stretta schiacciata tutto il succo
gommoso che odora
sui polpastrelli
di glutine di morte.
Di vita. Rompe dallo stecchito inverno
e rombano le gonadi della terra.
Niente è casto eiaculazioni primaverili
i primi fiori si danno
ingravidano
insetti che s’indorano
di polveri seminali.
Per le colline della mia terra
ma non i miei
gameti.
Per tutto il mondo il boccio
dell’emisfero che pareva di luna eterna.
Il figlio
Ecco noi due. Golfini le scarpette… lo metteremo
nella sua cassetta
non penseremo nemmeno al nome. Ossificato
bene in posizione podalica. Macerato. Tutto qui.
È una storia di molti contrasti
molti anni viali
quella certa sera quel film insieme
e libri studi.
Per qualche trasfusione
compiuta con leggerezza.
Così figliuolo non ti vedrò vestito da cacciatore
acceso in volto (non pallido
come sono io) dopo aver pranzato e brindato
in una casa di campagna nella nebbia. Né tremerò
insieme con tua madre
per i pericoli della tua vita, né avrò scontri con te
ribelle e già uomo. Nessuno ti rapirà al nostro amore
nessuna donna che io stesso
avrei volentieri amato.
Ma vigilie di Natale dai posti vuoti
ogni anno io e Maria Luisa
lungo la cenere tranquilla dei giorni.
Chiurlo
Il chiurlo grande in Europa
nelle steppe
in palude e il chiurlo piccolo
il chiurlotto più a nord
a nord
lo si scorge soltanto nelle migrazioni,
a gruppi.
Preso e studiato — Numenius arquatus ha piumaggio giallo
rossiccio macchiettato di bruno
sul dorso, bianco sul ventre chiazze scure. Lunghe
zampe becco
leggermente curvo.
Considerazioni su un masso
Specie casta del geoide.
Giallognolo verdastro
e lunghe piogge, chissà perché
non ti avevo riconosciuto prima, sasso
roccia
raggiera d’angoli cristalli odiati a scuola.
Mi sei apparso nell’ombra del bosco, dall’umidità
affioravi come una schiena d’animale morto.
Ti eri frantumato senza sangue
o linfa senza dolore
né morte o vita.
Inerzia
peso: l’opposto del divino.
Ti ho accarezzato per la prima volta
sede dei torrenti d’estate asciutti e vani.
Ti accarezzavo. Le acque non ti avevano ancora levigato
e mi parevi buono benché sappia della tua insensibilità.
Da te ha proceduto la vita
e fai le due dimore degli uomini. Mi sostenti
hai sprizzato la scintilla.
Anche il fuoco non t’intacca
ma il vento
ma l’acqua ti rodono, la vegetazione ti ricopre
come una tomba. Sosti
in silenzio. Di te
so che sei l’impalcatura del mondo.
So che sei la memoria del mondo, graffita.
Quello che so
La contemplazione delle torri e delle querce
mi ha fatto amare il vento –
striscie cupe e lucentezze
Dànno ancora frastuono le campane
con il batacchio elettrico sbattuto da un vento a tasti,
ma il rintocco del tram
certe volte lo sovrasta.
Dalle dimensioni verdi dei tronchi delle roveri –
benché prigioni nel folto dei recinti,
fuoriescono rami così intrecciati e torti,
così ammuffiti, e vòlti a Nord e col sapore di piogge,
e vòlti agli altri punti cardinali
da sembrare fierezza e dolore insieme.
Invece vengono ordinati a palchi
secondo la memoria numerica degli acidi.-
Sono ventosi
questi mesi, chiamati luglio e agosto, e anche settembre.
Al passaggio d’agosto le nubi basse,
nelle loro circolazioni imprevedibili
o secondo i modelli statistici,
sembravano staccarsi dal fogliame;
però le pagine degli alberi
fanno narrazioni favolose, fingono persino Dio
e le cose dell’anima. Come le campane
quando tace il traffico. Ma i differenti suoni dipendono
dalla rosa dei vènti – e la scienza
è il puntello dell’anima, e il corpo
ne è partecipe. Dove vanno le ipotesi sul cielo
confuse dalla birra? o quando i granuli anemòfili d’aprile
ci respirano eccitazioni tra le labbra? Avviene anche
tra i querceti delle cattedrali.
Poi esiste la presenza di Dio
quando ascolta la nostra preghiera.
Lavoro lavoro
Le persone inchiodate nei loro cappotti –
in stanghe di luce, cristalli
lungo le stazioni.
Teste scosse
sul treno. E l’aurora
con emissioni cromatiche, frange, finte
esplosioni d’arancia,
nubi sbranate.
Tra pali neri. Alcune teste
sugli schienali.
Ma vi sono indimenticabili giorni nella vita
quando si vive
a livello biologico. Come la donna,
che teneramente fa tremare anche i vecchi,
che raccattano spremute ghiandole germinali.
Anche una donna matura, un poco patita
in viso, pallida
così abbandonata ancora. E come è illogica allora la morte
nell’inforcatura. I rami bianchi ora si velano.
Mi piace
se piove lungo una strada, con un pò di sole
l’asfalto diventa azzurro, specchia.
Ma vi sono desideri impossibili.

L’ha ribloggato su gusci di noce – blog di poesia (di Sergio Pasquandrea).
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tristezza infinita…
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L’ha ribloggato su Poetella's Bloge ha commentato:
che tristezza…
un poeta che ho avuto l’onore di conoscere.
Uomo dolcissimo.
Puro.
Come la sua poesia.
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Ho amato molto il Bacchini di “Cerchi d’acqua”. Grazie di avermi fatto leggere questi lavori più lunghi (alcuni splendidi, soprattutto “Il figlio”).
G
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…è molto triste quando muore un poeta…
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Non lo conoscevo.
Grazie per questi ricordi, poesie delicatissime…
buona serata
.marta
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grazie per queste poesie che ci hai regalato, sono delicatissime, ” figlio ” è grandiosa
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Vero vero vero
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inutile ricordarsene quando è già morto…e magari in vita lo schifavate…
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Bè insomma no… mica era uno sconosciuto…
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