Leggere Éluard è sempre un impegno. È facile scorrere le sue poesie d’amore, versi come Abbiamo passato la notte ti tengo la mano io veglio / ti sostengo con tutte le mie forze / incido su una pietra la stella delle tue forze / solchi profondi dove scaturirà la bontà del tuo corpo / ascolto in me la tua intima voce la tua voce per gli altri / e rido ancora di quell’orgogliosa che tratti / come una mendicante / dei folli che rispetti degli ingenui in cui credi / e nella mia testa che a notte / dolcemente s’accorda con la tua / mi meraviglio della sconosciuta che diventi / una sconosciuta che ti assomiglia e assomiglia / a tutto ciò che amo / che sempre si rinnova. Meno facile affrontare versi quali Gli animali che scendono dai sobborghi incendiati, / gli uccelli che sprimacciano le piume micidiali, / i gialli cieli terribili, le nuvole tutte nude / hanno in ogni stagione fatto festa a questa statua. / È bella, statua vivente dell’amore. / O neve di mezzodì, sole su tutti i ventri, / o fiamme del sonno sopra un volto d’angelo / sopra tutte le notti e sopra tutti i volti. / Silenzio. Il silenzio splendente dei suoi sogni / carezza l’orizzonte. Sono nostri i suoi sogni / e le mani di brama che impone alla sua spada / fanno ebbro di uragani il mondo liberato.
Uomo pacifista che ha vissuto il fronte, la malattia, il dolore e l’amore. Poeta policromatico, politicamente impegnato, surrealista (Breton ha definito il surrealismo come risoluzione futura dei due stati del sogno e della realtà in una sorta di realtà assoluta, di surrealtà), poeta delle immagini. Nel saggio L’évidence poetique dello stesso Éluard si legge, a proposito delle immagini: Le immagini del poeta sono fatte di un oggetto da dimenticare e di un oggetto da ricordare […] L’immaginazione non possiede l’istinto d’imitazione: è l’universo senza associazione, l’universo che non fa parte di un più grande universo, l’universo senza Dio, non potendo essa mai mentire, né confondere mai ciò che sarà con ciò che è stato. La verità si dice molto in fretta, senza riflettere, semplicemente, e la tristezza, il furore, la gravità, la gioia non sono per lei che mutamenti di tempo, cieli sedotti […] Il poeta è colui che ispira, più che colui che è ispirato. Immagini che esplorano la realtà e la surrealtà alla ricerca dell’assoluto, dell’irrealtà sensibile, del nome. Sempre Éluard ha infatti definito la poesia come un chiamare le cose con il loro nome.
Poesia a tratti candida a tratti delirante, complessa nel suo percorso ininterrotto, sempre innamorata a un livello quasi utopico del mondo.
Mascia rideva agli angeli
L’ora che vibra in fronte al tempo scompigliato
Un vago, lieve uccello più vivo del pulviscolo
trascina su uno specchio una salma decollata
globi di sole vellutano le sue ali
e il vento del suo volo fa impazzire la luce
Hanno scoperto il migliore lontano da qui.
Quella che non ha parola
Le foglie policrome negli alberi notturni,
la liana verde-azzurra che unisce il cielo agli alberi,
il vento dalla grande figura
le risparmia. Attraverso la sua diafana testa, valanga,
la luce, sciame d’insetti, vibra e muore.
Miracolo nudo, rottura, sbriciolìo
per una sola creatura.
La sconosciuta più bella
agonizza perennemente.
Stelle del suo cuore agli sguardi di tutti.
Nel cilindro delle sofferenze
Che il mondo mi rimorchi e avrò dei ricordi.
Trenta fanciulle dal corpo opaco, trenta fanciulle divinizzate dall’immaginazione, si accostano all’uomo che riposa nel valloncello della follia.
L’uomo di cui si tratta, gioca con fervore. Gioca contro se stesso e vince. Le trenta fanciulle ne hanno presto abbastanza. Le carezze del gioco non sono le stesse dell’amore e lo spettacolo non è altrettanto delizioso, allettante e gradevole.
Parlo di trenta fanciulle dal corpo opaco e di un giocatore nato sotto una buona stella. Vi è pure, in una città di lana e di piume, un uccello sul dorso di un montone.
Nelle favole, il montone conduce l’uccello in paradiso.
Vi sono anche i secoli personificati, la grandezza dei secoli presenti, la vertigine degli anni proibiti e dei frutti proibiti.
Che i ricordi mi rimorchino e avrò occhi rotondi come il mondo.
Pablo Picasso
Nella notte le armi del sonno hanno scavato
i solchi prodigiosi che disgiungono le nostre teste.
Ogni medaglia è falsa attraverso il diamante,
la terra è invisibile sotto il cielo smagliante.
Il volto del cuore ha perduto i colori
e il sole cerca noi ed è cieca la neve.
Se volgiamo le spalle mette ali l’orizzonte
e i nostri sguardi lontano dissipano gli errori.
Bere
Le bocche hanno seguito il sentiero sinuoso
del bicchiere ardente del bicchiere d’astro
e nel pozzo di una scintilla
hanno ingoiato il cuore del silenzio.
Un intruglio non è più assurdo –
è qui che si scorge il creatore di parole,
colui che si distrugge nei figli che procrea
e dà nome all’oblio di tutti i nomi del mondo.
Quando è deserto il fondo del bicchiere,
quando è sbiadito il fondo del bicchiere
sopra il bicchiere le bocche picchiano
come su un morto.
André Masson
La crudeltà si aggroviglia e la dolcezza agile si scioglie. L’amante delle ali assume volti impenetrabili, le fiamme della terra evadono attraverso i seni e il gelsomino delle mani si schiude sopra una stella.
Il cielo intorpidito, il cielo che si dipana non è più su di noi. L’oblio, più che la sera, lo cancella. Privata di sangue e di riflessi la cadenza delle tempie e delle colonne persiste.
Le linee della mano, tanti rami nel vento turbinoso. Rampa dei mesi invernali, giorno pallido d’insonnia, ma anche, nelle stanze più segrete dell’ombra, la ghirlanda di un corpo attorno al suo splendore.
Paul Klee
Sul fatale pendio il viandante approfitta
del favore del giorno, glaciale lastra senza ciottoli,
e, occhi azzurri d’amore, scopre la sua stagione
che porta ad ogni dito grandi astri inanellati.
Il mare ha abbandonato le orecchie sulla spiaggia
e la sabbia ha scavato la platea di un delitto.
Il supplizio è più duro ai boia che alle vittime
sono presagi i coltelli, i proiettili lacrime.
La notte
Accarezza l’orizzonte della notte, cerca il cuore di gagàte che l’alba ricopre di carne. Esso popolerebbe i tuoi occhi di pensieri innocenti, di fiamme, ali e verzure che il sole non inventò.
Non ti manca la notte, ma il suo potere.
Gli occhi riarsi del bosco
Gli occhi riarsi del bosco
la maschera ignota farfalla casuale
nelle assurde prigioni
i diamanti del cuore
collare del delitto.
Minacce digrignano i denti
mordono la risata
strappano al vento le piume
le foglie morte alla fuga.
La fame ammantata d’immondizie
stringe il fantasma del grano
la paura cenciosa perfora i muri
livide pianure mimano il freddo.
Solo il dolore avvampa.
L’oscuro tranello delle vergogne
L’oscuro tranello delle vergogne
con le ustioni del giorno fra le dita
Lontano come l’amore
Ma tutto si somiglia
sulla pelle del superfluo.
Collera miele che deperisce
Collera miele che deperisce
si consuma il rifugio delle fiamme
si è finito di volare all’infame soccorso delle immagini di ieri
la perfezione silvestre la fine greppia del sole
le medaglie fondenti dell’amore
i volti briciole di auguri
i bimbi del domani il sogno di stasera
le parole più leali
tutto reca nere ferite
anche la donna che mi manca.
Fuori dalla massa
Una finestra di fronte
nero pertugio
da cui un panno bianco si invola
di perfezione in perfezione
di cielo in cielo
l’oro cocciuto sparge il suo seme.
Al suono fesso dei cavi meriggi
sulla forchetta delle sgualdrine
un rostro di carne intumidisce un’aria
d’usura e di ceneri spente
la solitudine delle sgualdrine.
Si spezzano le vertebre
a dormire all’in piedi e senza sogni
dinanzi a finestre aperte
sull’ombra coriacea di un lenzuolo.
Dove la donna è segreta l’uomo è superfluo
Drasticamente esclusa l’indifferenza
tutto si giocava
attorno al ventre inutile e alle parole senza eco
di una donna creata per se stessa
più nuda che reale
Aveva più grazie
di colei da cui era nata
grazie che prometteva
Adunava tante meraviglie
tutti i misteri
nella luce fiondante
sotto l’enorme chioma
sotto le palpebre basse
In un bisbiglio fra le risa
lei e le sue labbra narravano
la vita
di altre labbra simili
in cerca fra le sue del loro bene
come di semi nel vento
anche la vita
di uomini ad essa indifferenti
di donne dalle eccentriche pene
che s’imbellettano per scomparire
E nessuno capiva su quale sottofondo di delizie e certezze
la memoria futura la memoria ignota
avrebbe miglior gioco di quanto la speranza
ne abbia mai avuto nel comune nell’usuale.

grazie.
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