Domani a Trieste, a Una Scontrosa Grazia, parleremo d’amore con Francesco Sassetto e Federico Rossignoli. L’occasione è il libro di Francesco Xe sta trovarse edito dalla Samuele Editore.
Abbiamo quindi chiesto, nell’evento Facebook, di postare una poesia d’amore a testa e quanto ne è venuto fuori devo dire è molto interessante. A prescindere dalla qualità dei testi (non è qui in questione essendo una collezione dichiaratamente aperta) quanto emerge è un bisogno di dire e di darsi. Di trascendere la quotidianità per una realtà più ideale che non esiste da sola, in sé, ma viene creata dai due, nelle differenti maniere.
La memoria resta il luogo privilegiato proprio per rievocare il non-luogo che la presenza dell’altro aveva generato (perché di vera e propria genesi è opportuno parlare). Un non-luogo che è anche non-tempo e non-io. Che è straniamento, alienazione verso un qualcosa di più umano della realtà. Un qualcosa, forse, di più necessario della realtà.
Ce lo dice Francesco Sassetto in questi due testi e poi gli amici poeti che hanno voluto condividere con noi i loro versi. E che qui ringrazio tutti.
Xe sta trovarse
par caso o chissà, xe sta vèrzar un buso
fra grumi de spini e bronse ancora
infogàe, rifarse, ris-ciàr, lassàr
le cale da far ogni giorno vardando le pière
el vodo de le sere sensa man né parole,
la tristessa ingropàda ne l’ànema
come ’na sorte
un destìn inciodà dentro in gola.
E contarse a tochi, a bocóni, sinquant’ani passài
ne l’ora che i bar se destùa, le ombre se slonga
e coverze i oci, le man se serca
par dir qualcossa che la vose no dise.
E po’ métar pian un matón sora l’altro e semento
e védar che tien, che vien su
e ’ndàr insieme par i campi
svodài de un genaio ingelà, tra basi e barufe,
e ’ndàr vanti, scampàr indrìo e po’ ’ncora vanti
e ’na to magiéta nel comò a casa mia gera za el sogno
belo de ’na vita nova che ciapàva fià, ’na promessa
par tuti i giorni a vegnìr
tuto el tempo che resta.
E ti ridevi alòra e ridevo anca mi come ride
i putèi a ’na festa.
E desso mi e ti a caminàr su la Riva a vardàr
le Grandi Navi che passa e i foresti
che ride e ghe fa le foto, ’sta nostra cità
desfàda da la furia de i schèi
e tornàr casa par le cale sconte, le man strete
ne le man a no pèrdar i passi nel scuro,
tegnìrse saldi qua che tuto bala imbriàgo
ma a volte se verze slarghi impensài
che s-ciàra i oci de luse improvìsa
e te dise la strada
come solo la vita sa far.
È stato incontrarsi
per caso o chissà, è stato aprire un varco / in un groviglio di spine e braci ancora / roventi, rifarsi, rischiare, lasciare / le calli da fare ogni giorno guardando le pietre / il vuoto delle sere senza mani e parole, / la tristezza avvinghiata all’anima / come una sorte /un destino inchiodato nella gola. // E raccontarsi a pezzi, a brandelli, cinquant’anni passati / nell’ora che i bar si spengono, le ombre si allungano / e coprono gli occhi, le mani si cercano / a dire qualcosa che la voce non dice. // E poi mettere piano un mattone sull’altro e cemento / e vedere che tiene, che sale / e andare insieme i campi / svuotati di un gennaio gelato, tra baci e litigi, / e andare avanti, scappare indietro e poi ancora avanti / e una tua maglietta nel comò a casa mia era già il sogno / dolce di una vita nuova che prendeva fiato, una promessa / per tutti i giorni a venire / tutto il tempo che resta. // E ridevi allora e ridevo anch’io come ridono / i bambini a una festa. // E adesso io e te a camminare lungo la riva, a guardare / le Grandi navi che passano e i turisti / che ridono e fanno le foto, questa nostra città / disfatta dalla violenza del denaro // e tornare a casa per le calli nascoste, le mani strette / nelle mani per non perdere i passi nel buio, / tenerci saldi qui dove tutto ondeggia ubriaco // ma a volte s’aprono spazi impensati / che schiarano gli occhi di luce improvvisa / e ti dicono la strada // come solo la vita sa fare.
Francesco Sassetto
da Xe sta trovarse (Samuele Editore 2017)
Seeghéta
El to muséto che ride e se sgiónfa
un fià le ganàsse che ti me par
un oseléto, ’na seeghéta da tegnìr
pian dentro de le man.
E ti ridi cussì co mi fasso el pagiàsso
par ti, el to bufón, e me par che ti
ti xe un toco de sol e mi l’omo
co la pala che désfa le croste de giasso.
Passerotto
Il tuo musetto che ride gonfiando / un poco le guance che sembri / un uccellino, un passerotto da tenere / piano dentro la mano. // E tu ridi così quando io faccio il pagliaccio / per te, il tuo buffone, e mi sembra che tu / sia un pezzo di sole e io l’uomo / con il badile che spezza le croste di ghiaccio.
Francesco Sassetto
da Xe sta trovarse (Samuele Editore 2017)
Quando la bacia le lecca la lingua come
la foglia d’argento dello yogurt
Lei è in ripida recessione di materia
fino al fondo lattescente, ancora in adorazione
Tu non sai, tu non conosci la paura che ha
dei battiti del cuore e la vertigine
che prova quando sente
una quasi certezza d’abbandono
Tu non conosci ciò che rimane nel vasetto
quando il bimbo ha appena finito la merenda
e corre a giocare con gli amici
Tu no, non puoi conoscerla
Per te la vita è solo un dare e avere
Più avere che dare, anche l’amore
Ilaria Grasso
Di lui ricordo
più di ogni altra cosa
l’odore duro e buono,
il pungere del mento
su cui ho riposato
per un attimo la bocca.
Se solo avessi saputo
che era l’unica volta
avrei guardato meglio
toccato meglio
baciato meglio
ogni più piccolo
dettaglio del suo corpo.
Lo saprei tutto
a memoria.
Francesca Del Moro
dove rimane la nostra passione
la scelta il desiderio
la sensazione prima d’aprirsi nelle cose
l’arsura del giorno che sovrasta
l’onda che trema sotto la scogliera
la luna accesa a picco
l’anima del mondo in fondo agli occhi
Gabriella Musetti
da Obliquo resta il tempo (Lietocolle 2005)
Amami stranamente
fammi toccare il languore
fino al limone succoso
che sulla piaga
disinfettando brucia.
Per poi donarmi
d’umore candido
in poche gocce
concentrato
l’unico mio possibile
paradiso.
Laura Ricci
Quando ti cammino dentro
conosco i tuoi vicoli
i campanili storti delle tue piazze
le serrature arrugginite
dei tuoi pensieri inconfessabili.
Flaminia Cruciani
Regalami un silenzio,
da raccontarci
quando, vecchi, ne rideremo imbarazzati.
Un silenzio a intervalli, ritmico, audace
che colmi lo spazio tra i palmi delle mani.
Regalami l’idea
complicata e semplice
di girarmi nel letto e trovarti,
quadrato nel cerchio dei desideri,
tra cent’anni di rughe
(cancellabili con la gomma da matita).
Sergio Serraiotto
Ritaglio
Ecco il rifugio che ti offro,
un lenzuolo di quiete
in mezzo al vento.
Ma non dire sempre
neppure casa, non ringraziare
non chiedere perdono.
Grida piuttosto adesso,
rimani tra le dita
inchiodami la bocca contro.
Avremo qualcosa da spartire
un ritaglio, una piega nella stanza,
uno spigolo di tempo
nostro.
Michele Paoletti
Hai deciso stammatina
d’accannamme co n’email,
che simpatica che sei,
e vabbe’ bona fortuna.
Brutto modo de lasciasse
e dopo tutti sti mesi
nimmanco li sordi spesi
pe’ invia’ n’esseemmeesse…
Gabriele Fratini
Lo stesso volto e uguale bagliore
si perde correndo a brani tra i rami
ustionati dall’inverno. Panorami
prestati all’insonnia crescono il fiore
che giura dopo la boscaglia, e tace
come chi nulla nasconde o possiede.
Nessuno saprà essere capace
di negare la pace dove siede
lo stame destinato alla fornace.
Del fiore hai la bellezza, ma il piede
per fuggire il fuoco solo tu lo hai,
e finché avrai sangue non sarà mai
perso il tuo volto, o usato errore.
Molto più di un muscolo è il cuore.
Federico Rossignoli
fuori la luce allunga i bordi nell’ascolto
il parlottio che svela la sorgente
fuori continua la manata insonne
contro un padre narciso ormai sgravato
filiolo me auctum scito*
che dorme indistinguibile al mio fianco
non sognando né il respiro delle membra
si scioglie. né il calore.
siamo nello straniero di due corpi
padrefiglio annodati nelle lontananze
tu sei l’allarme e l’espulsione
io la spinta del sangue in diacronia
siamo solo custodi incompatibili
* Cicerone, Epistulae ad Atticum
Sandro Pecchiari
Quanto costa l’amore
L’amore costa
tutto quello che credi immutato
e altro tempo da chiedere a usura
costa il taglio di un sogno scheggiato
e pazienza per averne cura.
L’amore costa
tutto ciò che ti ha reso diverso
e le certezze che valgono niente
costa il bene nel quale sei immerso
e quel male che ancora si sente.
Cosimo Lamanna
Lo vedi cosa siamo?
Scoria dell’amore
stretti forte
sotto colpi di martello
di sincronici respiri
per paura che finisca
Sono tuo
senza aspettare più
Matteo Piergigli
Adesso
Non è il momento
non quello che volevo
un dolce dispetto
ma visto che ti amo
ti dico
adesso.
Alessandro Rossini
Fuera de mi cuerpo / vive mi alma
– Sei entrato nel giardino interiore –
oleandri ed ibischi premevano ai cancelli
arance mature risplendevano al sole
tra zampilli d’acqua d’oro
eppure era notte.
La mia pupilla
è ferita
da tutta questa luce
che promana dal tuo centro buio.
Non un cercare fuori
ma uno scavare dentro
nell’ardore vegetale
della terra argillosa ed umida.
– Sono entrata nel giardino anteriore –
quello dove abitavamo insieme
e non ho visto altro che fontane spente
e cenere.
Chiudo gli occhi ora
e solo così t’incontro.
Lucia Guidorizzi
da Milagros (Supernova 2011)
Il nostro amore
Un paio di pantaloni scuciti
finiti nel guardaroba delle cose usate.
Non sono di marca
ma la stoffa è di qualità.
Li ho rimessi a nuovo
cuciti, punto dopo punto
con l’ago che mi entrava nella carne.
Ora sono tornati a vivere
li indossiamo con orgoglio.
Mina Campaner
Come il vento
A cosa serve scrivere ancora versi
che non intendi e ricordar giornate
passate lente rimirando le fronde
diventare onde d’oceano in tempesta
petali bianchi sacri ciliegi in fiore
il rosso delle gote come il vento
che tiepido e solenne sgombra lo sguardo
d’ogni tuo silenzio scalda ogni raggio
del sole a fine marzo le tue mani
di carezze morbide senza certezze
dondolio d’un ramo un paio d’ali
nel futile sentore d’un ricordare
infin volato via e
mai più scordato.
Mauro Basso
Periferia
In fondo c’è ancora una strada
l’oscurità che io e te affrontiamo
distanti e per un attimo così vicini
su quest’ultima sponda di Milano
nulla oltre i vetri se non qualche
lume che passa e appena sorprende
il tuo viso e il braccio che oscilla
guarda, nel guizzo di una luce
s’aprono stelle dentro la tua mano.
Miro Gabriele
da Le città antiche altre poesie
ring
ho provato a mantenerti sogno, annientarti
dentro al ring di un modo d’essere, ammansendo il gesto
trattenerlo dentro, pensando cosìpiano da stordire l’intrusione
avrei chiuso il giunco dentro l’onda di salsedine
e tracciato nel profilo un trampolo di morte
– incubo incapace a sospendere giudizio –
se ciò che chiamo è furore cieco
che si addormenta attento, forse sciame di brividi retrattili
sotto il bordo di un così vasto soliloquio, come una lisca
a consegnarmi ferma stivo il dolore a rostro, così scoscesa da salirti
e se spingo sull’orecchio, dove si annida il fiato
una colata a bassa distorsione non risparmia – accordi osceni –
corde d’ultimo piacere i nostri vincoli, il mio succhiare spago
che sfilaccia di sapore lungo l’argine che ci siamo dati
tu vieni e sverni, dentro le fessure della mia levigata inapparenza
un lampo d’improvviso, fame a incupirti gli occhi
diagonali di controllo in briglie un po’ allentate, scioglimenti al ruolo
sotto ciglia di ragazzo, pronto a mietere respiri
Doris Emilia Bragagnini
da Oltreverso il latte sulla porta (Zona 2012)
Il tuo torrido sorriso
m’inebria gli occhi
e grumo mi rapprende
nel tuo cobalto sorprendermi.
Lieve bacio di ciglia dorate
riarde la pelle,
già riarso il cuore.
Sono viva
e viva
e viva ancora!
Valentina Di Stefano
Ho scoperto
che mi basta così poco, di te.
Mi bastano
piccole opposizioni
tra te e me:
il breve bacio
lo sfioramento dei polpastrelli
lo sguardo tuo su di me
appena trattenuto
il ti amo detto sottovoce.
E mi basta così poco, di te
come all’ala
basta soltanto
opporsi all’aria.
Agostino Peloso
condividere la
progettualità delle
intenzioni
connettere le strade
in meccanismi
di tutela
se accade è cosa
rara
un caso fortunato
che tende alla reciproca
assistenza
a volte lo smarrirsi
nel pensiero
ti contiene
l’istinto quasi saggia
la fibra del
legame
l’ansia di risolvere
la vita in uno
spasmo
si snoda nel
contatto
e nel rimpianto fragile
di una riparazione
Mario Famularo
Frammenti d’alba
Nel bagliore molle e velato
del primo mattino,
un fermento furtivo
ondeggiava lascivo
sul bordo del mio desiderio.
Le tue mani allontanavano
brandelli laceri
di esercizio alla rinuncia.
Tentativi aberranti
sulle sponde del tuo corpo
che era arte acquosa,
travolgente e fiera
come torrente di montagna.
Scorrendo via,
portava con sé,
frammenti di me.
Elisabetta Zambon
Tesoro mio
Atollo del bene, terra
per tutti nei naufragi.
Albero del pane, acqua pura
per fuggiaschi e sognatori.
Ombra e lenimento.
I tuoi fiori delicati
rieducano le mani
a carezze più vere.
Nel tuo esiguo perimetro l’apolide
ritrova la patria e la bandiera.
Ma più d’ogni altro tesoro
vale il clima nuovo che dài,
la brezza che rinnovi,
il senso della vela per il viaggio
che ha rotta nel tuo nome.
Gabriele Borgna
da Artigianato Sentimentale (Puntoacapo Editrice)